Ci sono tante ragioni per cui cerchiamo la perfezione. Forse ci affascina l’impressione di completezza.
Il punto però è che tendiamo tutti, se non possiamo avere l’originale, a cercare un sostituto. Così se non possiamo vivere una vita autentica vogliamo avere almeno una vita perfetta. Ci sembra più raggiungibile, tutto sommato. Per la perfezione abbiamo anche qualche modello da seguire. Se vogliamo un corpo perfetto possiamo seguire indicazioni di fitness e salutistiche. Se vogliamo un compagno/a perfetto possiamo fare una lista delle caratteristiche necessarie. Se vogliamo un lavoro perfetto possiamo costruirci un curriculum adatto e poi mettersi alla ricerca.
Tutta questa impresa di perfezione è rassicurante: sappiamo qual è il suo punto di arrivo. Magari non ci arriveremo mai ma potremo misurare quanto siamo distanti dal punto in cui siamo, alla perfezione.
Essere noi stessi invece è un’altra cosa. Significa fare spazio ai graffi e al dolore, così come alla gioia. Significa avere una mappa più interna che esterna. Significa considerare che brutto e bello ne faranno parte e considerare ogni momento la nostra destinazione. Significa imparare da ogni cosa. Significa, in una parola, cercare la grazia e non la perfezione. Quella grazia che arriva quando siamo tutti interi in ciò che facciamo.